Vaccini e libero mercato

La deroga  alla proprietà intellettuale dei vaccini proposta da  presidente Biden, è cosa importante, ma è altrettanto importante eliminare i vincoli alla loro  libera circolazione . Le due cose vanno insieme, come Draghi – questa volta – sembra invece aver perfettamente capito. Dal momento che l’Italia, che da sola non può farcela,  ha necessità di importare, per poter  disporre delle quantità necessarie di vaccino.  L’Italia, ripetiamo, ha bisogno di  mercati aperti (*) .

Per contro, la linea europea prevalente è quella di difendere la proprietà dei brevetti europei. Come però? Nascondendosi furbamente dietro i  proclami umanitari di  Ursula Von der Leyen.   La pupilla della Merkel ribatte a Biden  che   l’Unione europea già esporta la metà dei vaccini che produce, anche in paesi che non esportano. E che quindi – sia dato fiato alle trombe – l ‘Ue contribuisce al bene dell’umanità, eccetera,  eccetera. Per fare un battuta, Fantozzi, direbbe, “ com’ è  umana lei…”.

Va precisato  che la produzione  dei vaccini in tutto il mondo, come d’altra parte  asserito giustamente Draghi, gode di notevoli finanziamenti statali.  Di conseguenza, il mercato  farmaceutico  è un mercato  spurio. Il che rende sempre difficile le liberalizzazioni proprio causa degli interessi condivisi, spesso non troppo trasparenti,  tra stati e  grandi imprese.

E qui va evitato un altro errore. Quale? Un passo indietro: l’alternativa alle liberalizzazioni – semplificando alla linea Biden-Draghi –  proposta dalle destre nazionaliste è  l’autarchia,  ossia  la  produzione e il  consumo di  vaccini “nazionali” a chilometro zero. Scelta retrograda, da economie terzomondiste, che però impone  investimenti a largo raggio (quindi di soldi che non ci sono), strutture adeguate (che latitano),  tempi lunghi (con l’epidemia che, come si dice in chiave ipnotica, “incombe”).  E in un paese come l’Italia, dove non esistono, almeno in termini di sviluppo a breve, le macrostrutture adatte, cioè un’ industria farmaceutica (come rete) di  grandi dimensioni mondiali.  

Pertanto, al primo posto delle cose da fare, ancora prima della liberalizzazione  dei brevetti (pur importante), andrebbe messa  l’apertura totale dei mercati e il libero transito dei vaccini.  Cosa che però all’Unione europea non può  piacere. E per quale ragione? Perché teme la penalizzazione delle industrie farmaceutiche francesi e tedesche. Quindi dietro i proclami umanitari di Ursula Von der Leyen si nasconde, la difesa precostituita  dell’intreccio governo-imprese farmaceutiche:  il mercato spurio, cui accennavamo.

Del resto lo stesso  plauso di Macron  è un  portato della stessa posizione autarchico-corporativa.  Posizione, ripetiamo, che non può non entrare in rotta di collisione con quei paesi  come l’Italia che non hanno  posizioni precostituite  da difendere. Il che spiega la scelta  “liberalizzante” di Draghi.

Insomma, dietro le belle frasi sulla generosità europea, si nascondono gli interessi nazional-corporativi delle due più forti economie europee, Germania e Francia. Anche in campo farmaceutico.

Di qui, l’importanza dell’apertura  di Draghi, soprattutto sul piano europeo.  

Apertura,  che non va intesa come un servile  sostegno  al  presidente Biden, ma come un atto  rivolto  a perseguire al tempo stesso gli interessi dell’Italia, del libero mercato  mondiale  e di un’ Unione Europea  aperta al mondo e  non chiusa sulle posizioni egoistiche di Germania e Francia.    

Carlo Gambescia

(*)  Qui la notizia:  https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2021/05/07/la-ue-e-i-brevetti-gli-usa-devono-spiegare-la-proposta_d9de3635-f1a6-4c14-b66f-c9dc4864b236.html