Virginia Raggi, Roberto Gualtieri e la parabola del Partito democratico…

I moderati, quelli che guardano a sinistra, all’indomani della nascita del governo giallo-rosso presieduto sempre  da Conte (già una bella piroetta da Salvini e Zingaretti…)  si illusero che la cultura di governo, cioè il lato moderato e liberale del Partito democratico,  avrebbe condizionato in chiave riformista il partito pentastellato… E invece è accaduto il contrario… I Democratici si sono “cinquestellatizzati” puntando decisamente sull’assistenzialismo  populista.

La crisi provocata da Renzi e la fuga di Calenda indica, tra le altre cose, l’assenza, anzi l’addio da parte del Partito democratico, prima di Zingarett ora del radicalsocialista Letta,  a qualsiasi cultura riformista e liberale.  In qualche misura,  l’antiliberalismo  è il collante ideologico che tiene insieme, anche all’interno del governo Draghi, i  “gialli” e  i “rossi”. Non solo però.  

Tutti insieme, in coro, non fanno altro che ripetere, che “loro” sono dalla parte del popolo; che loro sono  contro le élite;  che “loro” si preoccupano dei cittadini;  che “loro” mai lasceranno nessuno indietro, e così via…

È proprio così? Non sembra proprio.  Si prenda il caso della prossime comunali romane. Il Partito democratico, pur di non scatenare una crisi alla Regione, dove il Pd governa con il M5s, ha accettato – cedendo alle minacce dei pentastellati ( minacce non proprio all’insegna “dell’uno vale uno”) –  di presentare un candidato debole (però dipinto “forte” per “indirizzare” le primarie) come Roberto Gualtieri: probabilmente il peggior ministro dell’economia del dopoguerra. Che, alle comunali, potrebbe non passare al secondo turno. E questo perché? Per favorire (uno) la ricandidatura, e (due), come ci si augura, la rielezione di Virginia Raggi, sicuramente il peggior sindaco di Roma del dopoguerra, in salsa giallorossa di amministrazione condivisa con il Partito democratico.

Calcoli neppure degni  della crepuscolare Democrazia cristiana romana  di Signorello e Giubilo. Senza dimenticare che la scelta infelice di Gualtieri, candidato comunque “cinquestellizzato” potrebbe consegnare Roma alle destre….

Il Partito  democratico è passato come un carro armato  sulla testa dei cittadini che non conoscono assolutamente Gualtieri se non come Ministro fantasma al telegiornale di stato delle ore 20.  E che non apprezzano, se non peggio, Virgina Raggi, eletta con quasi il 70  per cento delle preferenze, ora precipitata al 25 per cento dei gradimenti.

Ottimo esempio di quel che intende il Partito democratico per popolo sovrano…  

Carlo Gambescia