Riaperture, una pagliacciata tragica

Il “dibattito sulle riaperture” (come lo si chiama vezzosamente), che ha un precedente in quello altrettanto inutile  dell’anno passato sulla fase 2 (*), è ridicolo e tragico al tempo stesso.

Dal punto di vista comunicativo risulta essere il classico barile vuoto, ogni anno più grande, e che per questo motivo fa più rumore di quello dell’anno prima, anche  perché rotola per ultimo.  Insomma, vuoto al quadrato, al cubo, eccetera.

Ovviamente, la ricezione mediatica della pagliacciata tragica dell’assegnazione governativa alle regioni dei colori per le riaperture e chiusure in automatico (come del resto le reazioni di queste ultime, che mercanteggiano),  contribuisce solo a distorcere sempre più la realtà delle cose.

Una realtà, anzi pseudo realtà, che vede  l’allarmismo punitivo delle istituzioni  tramutato in  una potentissima  arma   di distrazione di massa.  In pratica,  il bene-paura (ben preparato da una nevrotica angoscia collettiva, mediaticamente gonfiata) ha sostituito tutti gli altri beni. Si potrebbe parlare di “consumismo  della paura” e di “centri commerciali” della decisione  politica dettata da un’emergenza regolata dalla legge di Thomas, come pure di  ipermercati del vaccino.

L’unica, e fondamentale,  differenza con la società dei consumi è  che la società dei consumi-paura non riesce a fornire a nessuno il bene-vaccino. Probabilmente perché dietro c’è lo stato e non il mercato. Ma questa è un’altra storia.

Inutile poi  fornire dati e  scrivere analisi approfondite di segno contrario. L’anno scorso su “Linea settimanale” (**), grazie soprattutto allo straordinario lavoro statistico  di Carlo  Pompei, sono stati sfornati dati su dati per provare la natura certo non benevola, ma neppure maligna all’ennesima potenza di un’ epidemia, tutto sommato, controllabile senza dover prendere provvedimenti da guerra planetaria.

Niente.  Da parte dei poteri pubblici – non solo in Italia ovviamente  –   si  procede  a  tutta velocità  come se il pianeta Terra  fosse  davanti a un pericolo cosmico. Si emanano provvedimenti, si vieta, si controlla, ci si contraddice, si ricatta il cittadino, lo si tratta come un bambino, ricorrendo al classico metodo dei tiranni: del bastone e della carota.                                        

Lo stato d’emergenza  si è tramutato in caos calmo. Una condizione di minorità sociale, in cui le persone, non mancando i generi di prima necessità come le promesse d’ aiuto, ma neppure le  riserve economiche tipiche di  una società dei conti correnti comunque agiata,  sopravvivono, rassegnate al caos epidemico e delle misure antiepidemiche, tirano avanti, anche in modo accettabile (almeno la maggioranza).

In realtà, come sopravvivono però?   Ripiegate su stesse, quindi con atteggiamenti da società chiusa, sviluppando al massimo  quel privatismo welfarista, pusillanime,  che è l’esatto contrario dell’individualismo eroico che ha fatto grande la società aperta e liberale dell’Occidente.  

Sotto questo aspetto il  ridicolo gioco delle “bandierine” bianche, gialle, arancioni, rosse, come anticipato, assume l’aspetto di una pagliacciata tragica, perché – ecco il lato tragico –   la gente comune non reagisce.  Subisce, sperando che prima o poi  passi, anche perché, come capita spesso di sentire,  in fondo “non si sta poi così male e poi è per il nostro bene”…  

In realtà, il punto è un altro. Poiché le politiche attuate, sono presentate come un successo, o comunque  come  l’approccio giusto all’epidemia, il protocollo statalista antiepidemico (stato d’emergenza e provvedimenti restrittivi delle libertà politiche, civili, economiche)  costituisce  un grave  precedente per il futuro.

L’ideologia epidemica, come  altre forme di ideologia costruttivistica ( ideologia che ritiene di poter costruire e ricostruire la realtà a proprio piacimento),  ha istituzionalizzato un insieme  misure di controllo sociale –  dal coprifuoco, alle zone colorate, dalle mascherine permanenti al confinamento razionato o meno –   che  in futuro, in situazioni ritenute simili, potrebbero riaffacciarsi e divenire ancora più stringenti.

Insomma, l’epidemia in atto potrebbe anche passare, le misure restrittive  prodotte  dall’ideologia epidemica potrebbero invece restare, attenuate  o meno. Oppure – ammesso e non concesso che il vaccino funzioni – potrebbe essere  “ritirate” fuori alla prima occasione.

 E cosa più grave ancora, con il tacito consenso delle persone.

Carlo Gambescia

(*) Sui temi qui sviluppati, rinviamo al nostro  – a questo punto preveggente,  purtroppo  –  Metapolitica del Coronavirus. Un diario pubblico, Edizioni Il Foglio 2021 (https://www.ibs.it/metapolitica-del-coronavirus-diario-pubblico-libro-carlo-gambescia/e/9788876068287 )  .

(**) Tutti i numeri pubblicati possono essere scaricati gratuitamente qui:   http://linea.altervista.org/blog/