Appello di Zingaretti ai liberali…

Singolare  appello di Nicola Zingaretti “alle forze democratiche, liberali e europeiste” che sembra ricordare quelli  de “L’Unità” negli anni Settanta del secolo scorso alle “forze laiche,  democratiche e antifasciste”.

Che fantasia… Si tratta della logica del blocco, del fronte  popolare con un’ appendice a destra: una destra, ovviamente di origine controllata, un tempo dal Partito comunista, oggi dal Partito democratico. E per che cosa?  Per salvare un governo che tutto è, eccetto che europeista e liberal-democratico. 

Ma Zingaretti, nato nel 1965, una gioventù bruciata nella FGCI, è di vecchia scuola. Certo, ultimi fuochi, anni Ottanta, magari deboli, ma pur sempre fuochi.  Sicché, oggi  vanno bene anche i voti di qualche transfuga di Forza Italia. E perché no?  Se l’odiato Berlusconi facesse un passetto indietro…

Ora il punto è che un liberale, se vero liberale, non può votare un governo  che  ha confinato sessanta milioni di italiani. Il Duce, che pure non scherzava, ne mandò al confino circa 12 mila. Se si è  antifascisti, per usare il gergo che tanto piaceva al partito comunista, non si può tenere a galla Conte, a capo di un governo che evoca il blocco d’ordine, per usare un terminologia antica ma efficace.

Insomma, un vero liberale non può non essere geloso custode della libertà. Detto altrimenti: non può non essere antifascista e anticomunista. Due ideologie nemiche della libertà. E non può non temere chi, in qualche misura, non dia garanzie al riguardo.

Ma c’è anche un’altra ragione. Un vero europeista, non può votare un governo che ha iniziato a credere nell’Europa solo quando si è cominciato a parlare di fondi, se si vuole di bottino da dividere, secondo la logica welfarista  della socialdemocrazia redistributiva, tipica dei politici di Bruxelles. Siamo davanti a quella  logica  antimercato che è alla base della crisi di governo. Renzi  non ha rotto forse  su come gestire i fondi pubblici?

Renzi da una parte  e Conte, Di Maio, Zingaretti dall’altra, sono divisi su come spendere i fondi europei, ma non sull’idea in sé dei finanziamenti pubblici a pioggia. A differenza, ovviamente, di ogni vero liberale. Che sa benissimo che lo stato non è la soluzione ma il problema.

Ma dove sono i veri  liberali in Parlamento?

Carlo Gambescia