In questo momento qual è l’uomo politico più odiato in Italia? Matteo Renzi. Un sondaggio del “Corriere della Sera” (*) spiega che il 44% dei cittadini crede che la crisi sia dovuta “al desiderio di Renzi di inseguire i propri interessi personali o della sua parte politica”, mentre solo il 16% “crede alle questioni di merito esposte dal leader di Italia Viva” (*).
Si potrebbe rispondere che il Corrierone è governativo, quindi pilota il sondaggio verso il porto di Palazzo Chigi. Si potrebbe dire… Però, in realtà, la politica italiana da Tangentopoli è sempre più ruotata intorno alla figura del capro espiatorio di turno. Detto altrimenti: un politico contro il quale riversare quella retorica dell’odio, dell’intransigenza, l’ esatto contrario della liberale retorica della transigenza.
Parliamo di un odio collettivo, patrimonio di una forte minoranza, che poi finisce per trascinare le maggioranza abuliche ma qualunquiste, nemiche delle democrazia rappresentativi e dei suoi ritmi, certamente blandi ma rassicuranti. Una repulsione, spesso allo stato puro (come sui social), orientata contro tre figure: Giulio Andreotti, Silvio Berlusconi, Matteo Renzi. Ne potremmo indicare anche una quarta, Matteo Salvini. Un politico che però a differenza dei primi tre ha fatto veramente di tutto, in termini di Labeling Theory, per urticare politicamente i suoi nemici, con reazioni da manuale del perfetto razzista. Quindi lasciamolo da parte.
Andreotti ha dovuto incarnare la figura del perfetto politico colluso con la mafia; Berlusconi quella dell’imprenditore corrotto e corruttore, per giunta sporcaccione, visto come prossimo anch’egli agli ambienti mafiosi; Renzi, quella del politico attaccato alla poltrona, quindi privo di ideali, nonché con frequentazioni – sulla cosa sembra i giudici stiano lavorando – criptomafiose.
Il vero punto però, per capire il ruolo del capro espiatorio nella politica italiana, non è quello della veridicità o meno delle accuse, ma l’altro, gravissimo, della violenza verbale (e nel caso di Berlusconi anche fisica) usata contro Andreotti, Berlusconi e Renzi. Un comportamento motivato dal giudizio preventivo e presuntivo di condanna. Il capro espiatorio è colpevole a prescindere. Cade vittima di un pregiudizio. E di conseguenza, più egli riesce a provare, anche in sede giudiziaria, la sua innocenza, più risulta colpevole agli occhi dei persecutori politici perché, come regolarmente si legge, graziato da giudici corrotti e favorito da amicizie potenti. Si tratta di un terribile gioco al rialzo che talvolta non cessa neppure con la scomparsa fisica del capro espiatorio, usato post mortem come archetipo del Male Assoluto: nel linguaggio giornalistico si parla di reductio ad hitlerum. Anche se – va riconosciuto – Hitler fece del suo meglio, per così dire, per guadagnarsi una poltrona in prima fila nel Guinness della spietatezza storica.
Come si giunge a odiare così tanto, anzi troppo, un uomo politico? Perché poi il vero problema è questo. Risentimento. Almeno secondo Max Scheler, sociologo tedesco, che studiò a fondo il problema.
Che cos’è il risentimento? È un atteggiamento di avversione o animosità verso qualcuno per un offesa o affronto ricevuto. Ovviamente, quando sono in gioco le relazioni umane e sociali, le offese e gli affronti possono essere reali o immaginari. A dire il vero, resta sempre molto difficile, soprattutto quando c’è lo zampino dell’ideologia, stabilire confini netti tra offesa reale e immaginaria. Soprattutto quando la politica usa le emozioni collettive come risorsa principale. Ed è ciò che accaduto in Italia negli ultimi trent’anni. Alla ragione liberale – si pensi a De Gasperi ed Einaudi – che tutto sommato aveva distinto il decennio iniziale della Prima Repubblica, si è andata sostituendo nel tempo, impadronendosi della scena politica dopo Tangentopoli, l’ irrazionale politica delle emozioni, puntata sul risentimento e quindi sulla necessità del capro espiatorio.
Ora è il turno di Renzi.
Carlo Gambescia
(*) https://www.corriere.it/politica/21_gennaio_16/sondaggio-pagnoncelli-partito-renzi-cala-24percento-forza-italia-ritorna-sopra-10-a7d5e164-5775-11eb-8f51-2cbbf1c2346f.shtml