La ricetta semisocialista di Janet Yellen

Sul piano politico gli economisti si possono dividere in due categorie: quelli che ritengono che sia dovere dello stato combattere la povertà e la disuguaglianza e quelli che invece assegnano al mercato il compito di produrre e redistribuire ricchezza.

A grandi linee, alla prima categoria appartiene Keynes e in particolare alcuni suoi tardi epigoni come Tobin e Stiglitz. Alla seconda Hayek, Mises e i seguaci della Scuola Austriaca come Block e Hoppe. A quale delle due categorie appartiene Janet Yellen, attuale Segretario del Tesoro degli Stati Uniti, già Presidente della federal Reserve? Alla prima, come provano dichiarazioni del genere.

«”Siamo tutti d’accordo che l’incertezza rimane alta. In questo contesto, è importante che l’orientamento di bilancio rimanga di sostegno fino al 2022. In futuro, è importante che gli Stati membri prendano seriamente in considerazione ulteriori misure di bilancio per garantire una solida ripresa nazionale e globale” (…). Lo ha detto il segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen, partecipando alla riunione dell’Eurogruppo (…). Per Yellen bisognerebbe creare “un quadro Ue di bilancio con flessibilità sufficiente per consentire ai Paesi di rispondere con forza alle crisi e di investire”, e che non porti “a risultati economici pro-ciclici” (…). “Abbiamo bisogno di fonti di reddito sostenibili che non si basino su un’ulteriore tassazione dei salari dei lavoratori e sull’esacerbazione delle disparità economiche che tutti ci impegniamo a ridurre. Dobbiamo porre fine alle società che trasferiscono il reddito in giurisdizioni a bassa tassazione e agli espedienti contabili che consentono loro di evitare di pagare la loro giusta quota”» (*).

Chiaro no? Tassare i ricchi e spendere per i poveri lavoratori. Perché è un dovere dello stato, eccetera, eccetera.

L’unico punto oscuro per il lettore può essere quello dove Janet Yellen accenna ai “risultati pro-ciclici” da evitare assolutamente. Cosa significa pro-ciclico? In pratica, non è che una dotta e oscura riproposizione del vecchio mito keynesiano sulla “fine del laissez faire”.

In sintesi, si vuole dire che il mercato non va mai lasciato a se stesso, e che soprattutto non va assecondato con misure economiche (pro-cicliche) in favore del normale ciclo economico, spingendolo ancora di più verso l’alto nella fase ascendente o verso il basso nella fase discendente.

Di regola, l’economista keynesiano fa sempre finta di non sapere che il ciclo economico si compone naturalmente di alti e bassi: senza gli alti non ci sarebbero i bassi e viceversa. Quindi non può essere assecondato. E’ così. Semplice no?

Pertanto non esistono misure pro-cicliche, come sostiene Janet Yellen. A meno che il non intervento sia ideologicamente ritenuto, come sostengono, forzando le cose, i keynesiani, una forma di intervento. Ed è questo il senso negativo attribuito dal Segretario del Tesoro americano al cosiddetto “assecondamento” pro-ciclico.

Cosa non si deve mai fare secondo Janet Yellen? Non si deve permettere che sia il mercato a stabilire i tassi, seguendo le fasi del ciclo economico (gli alti e bassi…).

Cosa andrebbe fatto allora? Vanno prese misure anti-cicliche. Misure che però, cosa che Janet Yellen si guarda bene dal ricordare, sono contronatura, nel senso che si propongono di contrastare i naturali alti e bassi del ciclo economico.

E in che consistono queste misure? Nella stabilizzazione dei livelli di crescita. E in che modo? Puntando su tre pilastri: credito facile, lavori pubblici, tassazione elevata. Si tratta di una ricetta semisocialista che indebolisce l’ economia perché pretende di sostituire la mano visibile dello stato alla mano invisibile mercato nei settori del credito, del lavoro, e dei redditi.

Alla lunga i processi anti-ciclici, suggeriti da Janet Yellen, conducono per un verso alla stagnazione produttiva (perché non è più il mercato, quindi imprese e consumatori, a decidere cosa produrre ma lo stato, in pratica burocrati pubblici dalla vista cortissima), per altro all’inflazione galoppante ( via credito, sussidi e crescita salariale sganciata dalla produttività).

Un quadro disastroso, che, ciliegina sulla torta, si cerca di controllare, aumentando la pressione fiscale sui redditi elevati, per favorire la crescita artificiale dei redditi meno elevati. Sicché si impoveriscono tutti: i ricchi (perché ingiustamente tassati), i poveri perché strangolati dall’effettivo basso potere d’acquisto, dei salari nominali, artificialmente cresciuti.

Certo, se tutti accettano di seguire queste politiche, come consiglia Janet Yellen all’Eurogruppo, il danno viene suddiviso. Come pure la povertà…

Carlo Gambescia