Famiglia, Trono e Altare di nuovo a braccetto…

A un certo punto, come si dice, scappa la pazienza. Vedere  Papa Bergoglio e Mario Draghi  ergersi insieme  a difesa della famiglia – per dirla all’ antica, “Trono e Altare” che vanno a braccetto –  è  cosa da scatto di nervi e pure di pressione. Chi scrive non è mai stato anticlericale, però…

Che il Papa difenda gli interessi di bottega (pardon di parte), è per restare  in clima, “cosa buona e giusta” dal punto di vista del cristianesimo e dei suo valori, tra i quali c’è la difesa della famiglia, della natalità, eccetera, eccetera.   Ma che un economista, come Mario Draghi, che per giunta si dichiara liberale, intervenga su un tema, come appunto quello della famiglia, di natura individuale, privata, coscienziale (per parlare difficile) è veramente scandaloso.  

Un governo liberale,  non deve mai  occuparsi della famiglia,  né  di figli né di nonni né di zii.  Ognuno di noi è libero di avere quanti figli desidera, anche zero.  E invece il leader, presunto liberale, cosa dichiara?

«”La consapevolezza dell’importanza di avere figli è un prodotto del miglioramento della condizione della donna, e non antitetico alla sua emancipazione. Lo Stato deve dunque accompagnare questa nuova consapevolezza. Continuare ad investire sul miglioramento delle condizioni femminili. E mettere la società – donne e uomini – in grado di avere figli”, dice il premier Mario Draghi agli Stati generali della natalità. “Al sostegno economico delle famiglie con figli è dedicato l’assegno unico universale (…). Le risorse ammontano a oltre 21 miliardi, di cui almeno sei aggiuntivi rispetto agli attuali strumenti per le famiglie. L’assegno unico ci sarà anche negli anni a venire, è una di quelle misure epocali su cui non ci si ripensa l’anno dopo”»(*).

Ovviamente, come detto,  il  Papa è d’accordo. Draghi parla addirittura di “misure epocali”…  Ma dove ha studiato economia? Su Marte?   

Maffeo Pantaleoni, un grande economista italiano, ma anche un grande liberale, nei suoi,  Principi di economia pura, a proposito del valore, sosteneva giustamente, che dal punto di vista economico, non ci si deve interrogare sulla natura giuridica o morale di un bene ma sulla sua utilità dal punto di vista del soggetto economico: soggetto economico individuale, ovviamente.  

Ora, la famiglia, come soggetto economico, non esiste, esistono eventualmente le utilità soggettive  dei suoi singoli membri, che sono divergenti o comunque concorrenti.  Accentuando l’aspetto collettivistico della famiglia, come fa Draghi,  si introduce un vincolo morale fittizio, di natura politica, perché legato al consenso elettorale, che si traduce  in distorsione economica imposta dallo stato.

Uno stato che si erge a sproposito a difensore di un’entità collettiva, che, ripetiamo, non esiste dal punto di vista economico.

Il punto è che ogni centesimo sottratto all’individuo, che si tramuta in un centesimo di tasse in più,  rappresenta un centesimo in meno di libertà  E qui si parla di 21 miliardi alle famiglie. L’idea sostenuta da Draghi che così si aiuta l’emancipazione della donna è una pura e semplice contraddizione in termini. Si rifletta: si aiuta la famiglia che poi dovrà aiutare la donna, che a sua volta dovrà aiutare la famiglia. E per inciso, come la si mette con i single? Li si tassa?

Battute a parte, si dà per scontata  l’unità morale o giuridica  della famiglia  che nei fatti non esiste, perché ogni individuo è il migliore giudice di se stesso, donna o uomo che sia. E si regola di conseguenza,  a prescindere dalle teorie morali evocate da Mario Draghi e Papa Francesco.

Di qui,  la necessità, di attenersi ai fatti economici: se proprio si vuole aiutare la “famiglia”, vanno messe da parte tutte le “derivazioni” di tipo morale, fittizie, (per dirla con Pareto, grande amico di Pantaleoni),  per puntare sui singoli componenti: gli unici veri giudici economici di se stessi. Si chiama, realismo economico e (aggiungiamo) sociologico.

Come però? Non ostacolando, la ripresa economica, evitando misure protezioniste e dirigiste. La grande affermazione della donna nel mondo del lavoro, avvenuta nella seconda metà del Novecento, non è dovuta all’opera dello stato, ma all’aumento di capitale netto (come mezzi investiti dai privati) legato alla crescita del tasso di sviluppo, frutto prezioso, a sua volta, di un’economia libera da lacci e lacciuoli: l’ aumento di capitale ha creato di rimbalzo una montagna di posti di lavoro, allargando così le possibilità individuali di scelta di uomini e… donne.    Sicché, quanto più ci si allontana dall’economia di mercato,  tanto più si rallenta la marcia, per dirla all’antica, del “gentil sesso”.   

Pertanto, altro che famiglia e assegno unico…  Roba da Unione Sovietica o Unione Cattolica…  

E poi dice che uno si butta con gli anticlericali…

Carlo Gambescia

(*)  Si veda qui: https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/05/11/il-papa-e-draghi-aprono-gli-stati-generali-della-natalita_40078f33-486d-4582-b387-3dcd748f5fcf.html