È reato parlare di Mussolini? No, però…

Ieri un amico, ironicamente,  mi ha fatto notare che parlare di Mussolini non è reato…  E che il mio articolo sul Duce e “Libero” non aveva alcuna ragione di essere. “Se ancora si parla di Mussolini e non più di Cavour  Giolitti”, queste le sue parole,  “evidentemente, il Duce, storicamente parlando, per gli italiani  è più apprezzato, e soprattutto più conosciuto dei due statisti liberali”. 

Cosa dire?  Che ogni popolo ha agli statisti che si merita.  E questo ho risposto all’amico.  Del resto oggi “Libero” insiste.

Dal punto di vista storico, sulla veridicità dei documenti risulta difficile pronunciarsi.  Si tratta di  intercettazioni telefoniche  di alcune conversazioni di Mussolini, “prigioniero” de facto dei nazisti in quel di  Salò. Materiale ideale dal punto di vista del gossip storico…

In realtà, il vero punto della questione resta  l’accanimento comunicativo su alcune pagine della  storia italiana: quelle della Guerra Civile  1943-1945. In Italia ci si divide tuttora  tra fascisti e antifascisti sul senso politico e storico da attribuire a quei drammatici giorni. Di qui, l’accanimento comunicativo sulla figura del Duce,  giudicato  di volta in volta o  come figura eroica e tragica  oppure  ridicola e  buffonesca.

Al mito di Mussolini nel bene e nel male, di cui parlavo ieri, va sommata l’incredibile leggerezza o immaturità storica degli italiani, in particolare della sua classe media,  che neppure Giolitti riuscì a convertire al liberalismo come arte  di unire piuttosto che  dividere,  di dialogare piuttosto che uccidere, di ragionare invece di sparare. E così via.      

Per fare solo un esempio. In Spagna, i terribili ricordi  della Guerra Civile  favorirono  la  transizione democratica tra gli anni Settanta  e  Ottanta del secolo scorso.  La lezione storica, trasmessa dalle generazioni che  avevano vissuto la  tragedia del 1936-1939 (  una “sollevazione” per  repubblicani, una “cruzada” per i franchisti)  culminò  in un  riunificante e collettivo  “mai più”.  Pertanto,  mentre in Italia si è  tuttora divisi,  gli spagnoli sembrano  mostrare  maggiore maturità e rispetto verso una tragedia che aveva fatto a pezzi la Spagna.

A dire il vero, Franco, sebbene con mano durissima, riuscì a tenere fuori  la Spagna dalla Seconda guerra mondiale, e cosa più importante a costruire per gradi  una classe media:  quella stessa classe che prima del 1936 mancava alla Spagna, rendendola povera e instabile.

L’Italia, per contro, di classe media, ne aveva una già negli anni Venti del Novecento. Una classe  che, nelle sue ramificazioni grandi e piccole,  scelse però il fascismo,  ossia l’ordine a ogni costo.

Per capirsi e semplificando: in Italia, la classe media, “fascistizzò” Mussolini, mentre in Spagna, la classe media, “defranchistizzò”  Franco.

Ciò  significa che in Italia il partito dell’ordine a ogni costo,  che si nutre di divisioni politiche e di capri espiatori, proprio per instaurare l’ordine,  è invece restato piuttosto  forte.

Attenzione,  si tratta di un partito sociale, trasversale,  perché in qualche misura, sociologicamente parlando,  ha preceduto e incoraggiato il fascismo e alimentato l’antifascismo.  Dal momento che si tratta di una forma mentis antiliberale, divisiva, che può nascere a destra come a sinistra.  

È vero che in questi ultimi anni  la Spagna sembra tornata a dividersi, soprattutto sulla figura di Franco e sull’eredità sociale del franchismo,  tuttavia  la classe media sembra restare  sempre forte e soprattutto unita. In Italia invece no.  Il che spiega, oltre a quanto  dicevo  ieri, l’interesse, addirittura morboso, per le “telefonate” del Duce. E le campagna di “Libero”.

Il mito di Mussolini  rimanda alle divisioni, le divisioni a una classe media  non aliena da simpatie autoritarie, che con grande leggerezza sembra non disdegnare l’avventurismo politico di qualunque colore. Di cui il populismo non è che l’ultima incarnazione.

E quanto più a sinistra ci si appella al contromito Mussolini tanto più ci si allontana dall’obiettivo della pacificazione: da quel “mai più”, finalità che in realtà non è mai stata onestamente perseguita, proprio perché la classe media italiana si è mostrata meno matura di quella spagnola, eccetera, eccetera,  

Esagero?  La parola ai lettori.

Carlo Gambescia