Giorgia Meloni, Antonio Scurati e la privatizzazione della Rai

Giorgia Meloni non capirà mai il senso della democrazia liberale. Qui il problema.

Il fatto: la dirigenza Rai, questo giro, controllata da Fratelli d’Italia, non ha permesso allo scrittore Antonio Scurati, autore di una biografia su Mussolini e il fascismo in più volumi, di leggere in occasone del 25 Aprile un suo monologo sul delitto Matteotti e altri eccidi nazifascisti.

Le motivazioni economiche ed editoriali addotte dalla Rai qui non interessano. E neppure quelle oppositive della sinistra. Pur giudicando malissimo fascismo e neofascismo vorremo evitare di farci risucchiare dalle polemiche destra contro sinistra e viceversa.

Interessa invece la reazione di Giorgia Meloni che ha pubblicato il testo di Scurati sulla sua pagina Fb, minimizzando la censura.

Ecco il suo cappello:

«In un’Italia piena di problemi, anche oggi la sinistra sta montando un caso. Stavolta è per una presunta censura a un monologo di Scurati per celebrare il 25 Aprile.
La sinistra grida al regime, la Rai risponde di essersi semplicemente rifiutata di pagare 1800 euro (lo stipendio mensile di molti dipendenti) per un minuto di monologo.
Non so quale sia la verità, ma pubblico tranquillamente io il testo del monologo (che spero di non dover pagare) per due ragioni:
1) Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini.
2) Perché gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto.
Buona lettura».

Si tratta di una replica di una superficialità politica sconcertante. E soprattutto rivelatrice della diffusa mentalità statalista della destra che va oltre il caso Scurati. E spieghiamo perché.

1) Intanto se è vero come sostiene implicitamente la Meloni (“Non so quale sia la verità”), che la Rai è una cosa, Fratelli d’Italia un’altra, come ha avuto testo del monologo di Scurati in anteprima?

2) Solo chi soffra di delirio d’onnipotenza – e questo evidentemente è il caso di Giorgia Meloni – può credere che la sua pagina Fb sia letta da 58 milioni di italiani e che per giunta sia la bocca della verità (“perché possano giudicarne liberamente il contenuto”).

3) All’ “ostracizzazione” del Movimento sociale (ammessa e non concessa, almeno dal 1994 in poi), da parte della Rai (“dal servizio pubblico”), si risponde come? Non certo cavandosela con la pubblicazione sulla propria pagina Fb, del testo di Scurati, ma per ragioni di libertà d’opinione, a prescindere diciamo, associandosi alle proteste delle opposizioni. Cioè mettendo la Rai dinanzi alla proprie responsabilità Non manda in onda? Quindi è censura. Punto. Tutto il resto è fuffa propagandistica meloniana.

Dicevamo della Meloni che non capirà mai il senso della democrazia liberale. Un vero Presidente del Consiglio liberale, come primo storico provvedimento – ad esempio come Milei in Argentina – avrebbe privatizzato la Rai. Finendola per sempre con la retorica circolare destra-sinistra dei “soldi dei contribuenti”, delle “censure di stato”, e così via. Quindi con il gioco delle parti con una sinistra che in passato ha altrettanto lottizzato. E che si guarda bene dal parlare a sua volta di privatizzazione della Rai.

Ma torniamo a Giorgia Meloni? Appena ha vinto le elezioni che ha fatto? Ha puntato sul controllo totale della Rai. E ora viene a prendere per il culo gli italiani (pardon), pubblicando sulla sua pagina Fb il testo di Scurati. Come se un problema istituzionale (la privatizzazione della Rai) fosse un cosa che può risolversi a colpi di post e commenti su Fb a proposito dei guadagni dei dipendenti pubblici Rai.

Il senso della democrazia liberale è dettato dalla libertà. E una informazione di stato, di qualunque colore sia (destra, sinistra, rossa, nera, gialla, marrone, eccetera), non sarà mai liberale. Parlare di pluralismo politico a proposito di servizio pubblico televisivo è una contraddizione in termini: il pluralismo è fuori dello stato non dentro lo stato. È una nozione sociologica da studenti al primo anno di scienze sociali.

Purtroppo chi proviene dal Movimento Sociale, partito dalle radici fasciste, quindi statalista al cento per cento, non potrà mai capire la democrazia liberale e la necessità, altrettanto liberale, di rottamare la televisione di stato. Che non potrà mai essere pluralista proprio perché di stato.

Carlo Gambescia