Scienziato puro e scienziato istituzionalizzato, un editoriale di Angelo Panebianco

Si leggono sempre volentieri gli editoriali di Angelo Panebianco. C’è sempre qualche intuizione che vale la pena approfondire. In quello di oggi il professore nota che sui vaccini,  considerato il notevole  analfabetismo scientifico degli italiani, “forse hanno davvero ragione gli ottimisti: con queste premesse, il 12 per cento di no vax, più una fascia di indecisi, non è molto. Potrebbe andare peggio” (*).

Siamo sicuri che solo   i “no vax”  abbiano per così dire un rapporto difficile con la scienza?  E soprattutto che la scienza sia qualcosa di monolitico? Puntando, come sembra fare Panebianco, sull’indistinzione cognitiva  tra scienza pura ( se si vuole di laboratorio, anche politologico)  e scienza istituzionalizzata (università,  commissioni scientifiche, anche di nomina ministeriale, enti di ricerca, soprattutto se pubblici)?

Sui no vax, a dire il vero,  mancano ricerche attendibili per classi di età, estrazione sociale, professioni, ideologie professate, eccetera, però diamo pure  per scontato, come asserisce Panebianco, che i no vax  siano un micro o macro  specchio dell’analfabetismo scientifico dell’italiano medio,  che tra l’altro tende a  vedere  complotti ovunque.

Ora, però,  il problema non è quello dei complotti sicuramente immaginari, ma di comprendere e spiegare il reale  funzionamento sociologico  dei meccanismi istituzionali.

A proposito di scienza pura e scienza istituzionalizzata, diciamo che   lo scienziato puro sembra non badare alle conseguenze politiche e  sociali della sua ricerca, mentre  lo scienziato istituzionalizzato, ad esempio come membro di una commissione di nomina politica, sembra  invece vi badi, eccome.   Ciò pare significare, per estensione, due cose opposte: 1) che allo scienziato puro la scienza appare come una ricerca senza fine, quindi un sistema aperto, i cui frutti verranno quando verranno; 2) scienza che invece  lo scienziato istituzionalizzato raffigura come una ricerca dai tempi finiti, quindi un sistema chiuso, i cui frutti  vanno  raccolti il  prima possibile.  

Sintetizzando, forse troppo, lo scienziato puro, arbitro di se stesso, non è tenuto a dare  risposte a breve, lo scienziato istituzionalizzato, non più arbitro di se stesso, deve invece dare risposte politiche in tempi brevi, se non brevissimi.     

Naturalmente, quanto più la scienza istituzionalizzata guadagna terreno tanto più la scienza pura arretra, per lasciare spazio a risposte di tipo politico, hic et nunc. E sul punto la tragedia degli scienziati sovietici e nazisti la dice lunga.

E gli scienziati welfaristi, come in Italia, dove la sanità è pubblica, come la raccontano?  In qualche misura, per venire al punto,  il virologo in televisione e in commissione, rappresenta lo scienziato istituzionalizzato. Lo scienziato puro, sempre più raro, invece tace e lavora nel laboratori, come se non ci fosse  un domani.

Il che  significa solo una cosa:  che quando si parla di sondaggi, “il popolo”  dei  no vax come dei  sì vax   ha  come corrispettivo sociologico  lo scienziato istituzionalizzato,  “costretto” a  fornire riposte a breve, pro o contro. Il no vax e il sì vax  pretendono tutti e due  “certezze scientifiche”, in un senso o nell’altro. Insomma, pur “militando” apparentemente su sponde opposte,  scambiano, per mimesi e conformismo sociale,  la scienza pura, che non è mai fonte di certezze (altrimenti non sarebbe scienza), con la scienza istituzionalizzata, che invece è  costretta a offrire certezze. 

Se proprio si desidera parlare di analfabetismo scientifico, crediamo che il fenomeno rinvii all’ incomprensione assai diffusa, tra i  no vax come tra i sì vax,  della riduzione della scienza  a scienza istituzionalizzata, soprattutto quando in mano pubblica.  

Ovviamente, l’intero processo di istituzionalizzazione si accentua e assume un peso determinante nelle fasi emergenza, quando le risposte a breve dello scienziato istituzionalizzato, sono considerate  a torto o ragione  politicamente dirimenti.

Panebianco sostiene  invece che  la politica debba sempre dire l’ultima parola, come se il politico avesse davanti  lo scienziato puro. In realtà, come abbiamo visto, non è così: siamo dinanzi a due realtà istituzionalizzate (politica e scienza)  in contrasto  tra loro,  in cui la verità scientifica è una pura e semplice  risorsa da usare all’interno del conflitto tra amico-nemico e di  rapporto comando-obbedienza tra realtà istituzionali.

Certo, ci si può rispondere che  l’istituzionalizzazione  della scienza è un fenomeno “normale”   che non va demonizzato, eccetera, eccetera. Il che è  giustissimo, perché l’istituzionalizzazione è  una regolarità metapolitica che rinvia alle forme di ricostituzione del potere nelle diverse sfere sociali, come  pure di burocratizzazione e selezione  delle élite dirigenti nei termini di inserimento nella più larga dinamica movimento-istituzione.

Però,  ecco il punto, perché scomodare la scienza pura, quando, sociologicamente parlando, i fatti dicono  e insegnano altro?

Carlo Gambescia                                   

(*)  Qui: https://www.corriere.it/opinioni/21_aprile_18/trincea-debole-no-vax-confine-culturale-f32d0728-a068-11eb-b0fa-564f55184e78.shtml