Che Nicola Zingaretti dal punto di vista politico e culturale non sia un’ aquila è verissimo. Come è altrettanto vero che Concita De Gregorio, che pure qualche libro in più lo ha letto e scritto, non voli altrettanto alto.
Sotto questo aspetto risulta abbastanza istruttiva la polemica, innescata da un articolo della De Gregorio su “Repubblica”, in cui si rimprovera a Zingaretti di andare a rimorchio dei postdemocristiani del Pd (Franceschini e sodali), ma anche di essere privo di una qualsiasi personalità politica.
Su quest’ultimo punto, a dire il vero, la risposta di Zingaretti comprova la tesi della De Gregorio. Perché liquidare un avversario ricorrendo al vocabolario delle destre – quello della sinistra radical chic che impartisce lezioni – indica che Zingaretti, come letture e immaginario politico non va oltre “Libero”, “il Giornale” e “La Verità”. E quel che è peggio il segretario del Pd populisteggia sulla guerra alle élite intellettualmente corrotte come uno degli scalmanati vichinghi di Capitol Hill.
Però, in realtà, anche la De Gregorio non supera la prova, perché si incaglia su cosa deve essere la sinistra. Dal momento che sembra essere a corto idee: se non quella su un segretario del Pd che dovrebbe copiare l’ aggressivo stile comunicativo di Renzi. E questo è tutto.
Ciò significa che anche l’approccio della De Gregorio, che pare apprezzare addirittura lo stile amici del bar sport della Meloni, non esce dall’infernale circuito ideologico del populismo
Va precisato che Zingaretti, pur sbagliando, qualche contenuto di sinistra, di tipo statalista ovviamente, sembra coltivarlo. La De Gregorio, invece non è statalista né antistalista: sotto gli occhiali il nulla. Probabilmente, tra i due, è quella messa peggio. Perché l’odontotecnico, Zingaretti non ha alle spalle né il liceo classico né laurea in scienze politiche, oltre ovviamente alla facilità professionale di penna della De Gregorio.
In realtà, la tragedia della sinistra si chiama populismo, ideologia alla quale ha ceduto completamente le armi. E qui il discorso sarebbe lungo: perché il populismo attecchisce meglio dove sono assenti le tradizioni liberali. E nella storia del partito comunista come della sinistra democristiana quella che oggi amministra il Pd in coabitazione con Zingaretti, ma anche nelle stesse vicende del giornalismo di sinistra dei nipotini del Sessantotto, il liberalismo è sempre stato visto come l’altra faccia del fascismo.
Non ci si può inventare liberali da un giorno all’altro. Populisti sì. Proprio come Nicola Zingaretti e Concita De Gregorio.
Carlo Gambescia