Mattarella, Draghi e la “carta” epidemica…

Mario Draghi premier?  Sì, no, forse.  Il problema però non è il Toto-Draghi.  E neppure  la persona, piaccia o meno, dell’ex Governatore della Banca d’Italia, già Presidente anche della BCE. Dal momento che i governi tecnici non esistono. Soprattutto  in Italia, dove parlare di  tecnici puri, in un sistema storicamente fondato sull’economia mista, è ridicolo. Del resto,  Ciampi e Monti, come Draghi d’altra parte, avevano simpatie progressiste di centrosinistra.  Ciampi, il cui primo governo risale al 1993-1994, in seguito, nel 1996-1999, fu addirittura ministro del Tesoro, Bilancio e Programmazione (Il “tridente” fu istituito appositamente per lui) con Prodi e D’Alema.  Monti invece fu il portato della defenestrazione di Berlusconi (che fece del suo meglio per farsi buttare fuori). Monti non ebbe i voti  della Lega Nord e dell’Italia dei Valori. E costituì il provvisorio punto di coagulo politico dell’ideologia antiberlusconianiana (con i voti addirittura di Berlusconi…).  Governò per due anni, 2011-2013, tentando poi di farsi un partito personale che fu bocciato dagli elettori. Proprio un vero tecnico…

Qui il lettore faccia  attenzione: ciò che caratterizzò i  governi tecnici di Ciampi e  Monti (governi tecnici ovviamente tra virgolette),  fu il rigore punitivo sotto l’aspetto economico, in particolare  dal punto di vista fiscale, pallino di tutti i governi di centrosinistra. Pressione tributaria e adempimenti fiscali schizzarono verso l’alto.

Altro aspetto importante, diremmo decisivo,  dei governi Ciampi e Monti  fu il sostegno dei Presidenti della Repubblica dell’epoca, Scalfaro e  Napolitano.  Che  fecero del loro meglio per favorirne la nascita. Insomma, in Italia, almeno a far tempo  dagli anni di  Tangentopoli,   i governi tecnici, sono “Governi del Presidente della Repubblica”,  del Quirinale insomma. Ma mascherati. Non sia mai.   Perché ufficialmente, un governo tecnico deve essere al di sopra delle parti. Anche se poi, come abbiamo visto, non è così

 Mattarella si muove nella stessa direzione. Del resto già all’inizio della legislatura, non potendo “proporre” Draghi, allora  Presidente della BCE,  chiamò Cottarelli, altro tecnico,  che però si fece da parte.  Tuttavia nel caso di Mattarella,  che proviene dalla sinistra democristiana, e che quindi ha un Dna di centrosinistra, va considerata una pericolosa variante politico-virologica: quella epidemica, pardon pandemica.  Cioè dell’epidemia trasformata in risorsa politica. Si legga quel che Mattarella ha dichiarato ieri. Agghiacciante.

“Credo che sia giusto aggiungere un’ulteriore considerazione: ci troviamo nel pieno della pandemia. Il contagio del virus è diffuso e allarmante; e se ne temono nuove ondate nelle sue varianti. Va ricordato che le elezioni non consistono soltanto nel giorno in cui ci si reca a votare ma includono molte e complesse attività precedenti per formare e presentare le candidature. Inoltre la successiva campagna elettorale richiede -inevitabilmente- tanti incontri affollati, assemblee, comizi: nel ritmo frenetico elettorale è pressoché impossibile che si svolgano con i necessari distanziamenti”.

“In altri Paesi in cui si è votato -obbligatoriamente, perché erano scadute le legislature dei Parlamenti o i mandati dei Presidenti – si è verificato un grave aumento dei contagi. Questo fa riflettere, pensando alle tante vittime che purtroppo continuiamo ogni giorno – anche oggi – a registrare”.  (*)

Si  sottomette  il diritto di voto alla curva epidemica. Una cosa gravissima. Perché significa, radicalizzando il concetto, che se salisse all’infinito  la curva –  frutto di previsioni statistiche,  quindi di dati relativi, manipolabili per loro natura –  non si voterebbe mai più.

Inutile sottolineare la pericolosità per la liberal-democrazia di una tesi del genere. Perciò, siamo davanti a una impostazione politico-epidemista, che va oltre  figura stessa, piaccia o meno, di Mario Draghi, come di Conte, che ha commesso la leggerezza di dimettersi (come Berlusconi nel 1994, preso in giro da Scalfaro), nonché di un personaggio come Renzi che, non si dimentichi mai, ha lo stesso Dna politico di Mattarella, alla cui elezione contribuì in modo determinante.

Impostazione politico-epidemista, ripetiamo, di cui Mattarella si è eretto a garante istituzionale.  

Pertanto un Governo tecnico presieduto da Draghi, qualora accettasse, sarebbe in realtà  un governo Mattarella-Draghi, con in più, rispetto ai governi  “Scalfaro-Ciampi”  e  “Napolitano-Monti” la carta del voto proibito per ragioni epidemiche.

Una carta che rappresenta il fatto nuovo. Non Draghi.

Carlo Gambescia      

(*)   Qui: https://www.quirinale.it/elementi/52009.   �