Il titolo della “Stampa, “Libertà di scelta sulla seconda dose”, è emblematico. Di che cosa? Della difficile condizione della libertà in Italia.
Il discorso rinvia ai piani alti della filosofia politica, perché si tratta di una libertà di seconda scelta, una pseudo libertà. Nel senso che ci si muove all’interno di un sistema di regole che rende la vaccinazione, anche se formalmente non obbligatoria, un passo inevitabile per il cittadino. Altrimenti non potrebbe più viaggiare, di sicuro fuori d’Italia. Salvo costosi tamponi.
Insomma, tutto sembra concepito ad arte per rendere elevati i costi di rivendicazione (o transazione) della libertà individuale. La cosa peggiore è nella sostituzione della libertà di movimento, con la libertà di scegliere quale tipologia di vaccino usare.
Per fare un esempio banale, si pensi a una specie di “Ristorante Italia”, in cui si cucinano solo patate e dove, di conseguenza, per l’avventore la scelta sia comunque sempre tra patate e patate…
Si dirà che il vaccino è per il nostro bene, eccetera. In questo modo, anche ammesso e non concesso, eccetera, si introduce una limitazione alla nostra libertà. Il fatto che sia per il bene comune, non cambia la natura della limitazione. Anche perché, da che mondo è mondo, il bene comune, storicamente parlando, ha sempre assunto vesti e contenuti diversi. Per fare solo un esempio, la caccia all’ebreo, all’immigrato, all’apostata, ha sempre trovato la sua giustificazione proprio nel bene comune, però secondo il nazista, il razzista e l’inquisizione religiosa.
Si dirà che dietro il vaccino c’è la scienza, eccetera. Il che non può non lasciare perplessi, dal momento che la scienza si basa sul principio di falsificabilità, quindi su un sapere ipotetico e soggetto a continue revisioni. Quindi il vaccino di oggi, potrebbe non essere il vaccino di domani. O addirittura sostituito da altre formule terapeutiche. Perciò quando si insiste sull’infallibilità del vaccino, lo si fa per altre ragioni, non scientifiche ma politiche, di ordine pubblico, costi del welfare, eccetera. E lo si fa con l’appoggio della scienza istituzionalizzata, cioè politicizzata, che è altra cosa dalla scienza pura.
Ma c’è un altro aspetto, che riporta ai piani bassi della sociologia: quello della vischiosità sociale. Ossia dell’esistenza di resistenze e difficoltà, spesso frutto di sovrapposizioni procedurali, che influiscono sulle libere scelte dell’individuo.
Ci spieghiamo meglio. Le nostre sono società liberali in cui i diritti dell’individuo sono difesi costituzionalmente. Quindi l’obbligatorietà del trattamento sanitario, che fuoriesce all’ottica liberale, può essere difesa, come abbiano visto, in nome del bene comune o della scienza, una scienza, come detto, istituzionalizzata, politicizzata.
Resta però la necessità di aggirare l’ostacolo della soppressione dei diritti individuali. Come? Di regola, si pongono le condizioni perché l’individuo interiorizzi per stanchezza e imitazione le norme. Quindi non per persuasione né per paura.
“Si pongono”, si noti la forma riflessiva (in cui il soggetto compie e subisce l’azione). Qui ci troviamo davanti a un vero e proprio processo sociale che finisce per non dipendere più dagli uomini. O comunque che non dipende totalmente dagli uomini. Ad esempio, la moltiplicazione delle leggi rende costoso e complesso il processo interpretativo da parte del singolo. I costi individuali per capire e opporsi sono troppo alti. Si potrebbe parlare di una vera e propria remora cognitiva ai processi di rivendicazione o transazione sociale dei diritti individuali.
Cosa accade? Che non si sopprime la libertà direttamente ma la si soffoca a poco a poco. Addirittura credendo, e convintamente, di accrescerla. Senza saperlo, insomma.
Infatti, a monte, non c’è alcun progetto, se non un fatto di mentalità diffusa a livello politico, di governance come si dice oggi: quello di scorgere nella moltiplicazione delle norme uno strumento per aumentare la libertà del singolo. Si potrebbe invece parlare di abuso dello stato diritto. Infatti, come si ripete, una volta vaccinati ci si potrà di nuovo muovere, eccetera. Il che riporta al concetto, anzi pseudo concetto , di libertà di seconda scelta.
Pertanto alla base della crescita della vischiosità sociale si possono ritrovare le buone intenzioni delle classi politiche (di destra come di sinistra) che vedono nella legiferazione senza limiti uno strumento di libertà. Il che può apparire incredibile: ma come si vuole il bene e si ottiene il male? Eppure è così. Cosa che invece non può sfuggire al sociologo capace di riconoscere l’effetto perverso della azioni sociali, anche quando a fin di bene.
Ricapitolando: 1) idea di bene comune à la carte; 2) scienza istituzionalizzata, quindi “infalsificabile”; 3) vischiosità sociale come effetto rovesciato delle buone intenzioni delle classi politiche. Tre fattori sociali che a poco a poco stringono il singolo in una specie di morsa, che nel tempo rischia di tradursi in servitù volontaria. Detto altrimenti, si prende il cittadino per stanchezza.
E in nome della libertà, della scienza e della buona salute… Amen.
Carlo Gambescia