Secondo Sergio Mattarella tra il ’68, studentesco e sindacale, e il successivo fenomeno del terrorismo non c’è ponte. A suo avviso la colpa andrebbe esclusivamente ricondotta all’opera di alcuni intellettuali di sinistra.
E per quale ragione?
Perché – ecco il suo ragionamento – alla stregua di D’Annunzio, che con il mito della Vittoria mutilata spianò la via al fascismo, anche il mito della Liberazione tradita ha aperto la strada al terrorismo eversivo. Un fenomeno, che se non affrontato, come invece accadde, in termini di “solidarietà nazionale” (tradotto: di governi aperti al Partito comunista), avrebbe potuto aprire la strada a una dittatura di destra.
Mattarella, per così dire, separa le truppe dai generali, alcuni generali, e assolve, in chiave populista, tutto il popolo dell’ Autunno Caldo, che invece fu teatro di gravissime violenze sociali, diciamo di massa, nelle università e nelle fabbriche, proprio in nome della “Liberazione tradita”, quella del 1945.
Distinguendo tra una Liberazione buona, quella di “popolo”, e una Liberazione cattiva, tradita da alcuni intellettuali, Mattarella può così scaricare le responsabilità degli Anni di piombo, sulle sole spalle della destra neofascista ( i nipotini di Salò), dei servizi segreti italiani, ovviamente in combutta con i servizi segreti ameriKani (doverosamente con la lettera Kappa). Detto altrimenti, Mattarella continua a scorgere nel terrorismo di sinistra, un fenomeno politico di “stampo fascista” anche se all’epoca foraggiato dai servizi segreti di alcuni paesi dell’Est comunista.
Mattarella condivide tuttora la versione del vecchio Pci. E probabilmente non è neppure in malafede. Sposa semplicemente, come per riflesso politico condizionato, la versione populista della Guerra di Liberazione, che risale ai comunisti. Quale versione? Quella della Guerra di Liberazione come guerra anticolonialistica di popolo: di liberazione collettiva dal potere coloniale dell’Occidente e in particolare dall’imperialismo americano. Non rendendosi però conto, come tanti democristiani di sinistra, che una volta adottata l’idea della Guerra di Liberazione, non si può non accettare – soprattutto per i militanti – l’idea di usare il terrorismo contro le truppe coloniali di occupazione e i loro funzionari, giudici, poliziotti, militari, come contro la borghesia coloniale e i suoi vigilantes.
Il che spiega, perché Mattarella, non riesca tuttora a scorgere il nesso tra la mobilitazione ideologica del ’68, ricca di slogan antioccidentali al fondo legati al rifiuto delle istituzioni liberali, slogan populisti insomma, e l’inevitabile terrorismo “anticolonialista”. Mobilitazione ideologica, mai dimenticarlo, che coinvolgeva le truppe, i comuni militanti, come i generali, ossia non pochi intellettuali
È perciò vero che il mito della Vittoria mutilata favorì l’ascesa del fascismo. Ma va anche ricordato – cosa che Mattarella sembra dimenticare – che questo mito aveva dietro di sé una specie di processo politico alle classi politiche liberali, giudicate ingiustamente, fin dal 1861, come traditrici di un Risorgimento popolare, rivoluzionario e purtroppo anche terrorista.
Un “Risorgimento senza eroi”(espressione infelice di gobettiana memoria), tradottosi perciò, come si diceva, nell’ asservimento coloniale dell’ “Italietta” alla Francia o alla Gran Bretagna. Un’ idea populista, di derivazione mazziniana, condivisa però dalle masse socialiste, come da quelle cattoliche più reazionarie, ma anche dagli intellettuali e dai politici stregati dall’antiparlamentatismo e dal mito dell’azione diretta a destra come a sinistra. Alla stessa stregua del mito della Liberazione tradita che è alle radici del ’68, ma che nasce nel 1945 cavalcato dai comunisti, come del successivo fenomeno terroristico, condiviso, semplificando, dalle truppe e da non pochi generali democristiani e comunisti compromessi fino al collo nella distinzione di lana caprina tra Liberazione fedele a se stessa e Liberazione tradita.
Nonostante ciò, l’Italia riuscì a sconfiggere, prima il fascismo e poi il terrorismo. Quasi un miracolo. Ma non il populismo. Come si intuisce dalle parole di Mattarella.
Carlo Gambescia �����������������������������������������������������������