Prolegomeni ad ogni futura metafisica sul 25 Aprile

Prima di tutto un’apparente divagazione. Il viaggio della Meloni in Etiopia è veramente inquietante. C’è una pagina di Guglielmo Ferrero (*), che risale alla seconda metà degli anni Trenta, dopo l’invasione fascista dell’Etiopia, in cui si dice, che nei momenti di crisi, l’Italia, e non si capiva perché, univa il suo destino a quello del Corno d’Africa: con Crispi e Mussolini, per ben due volte. E finì male: la penosa sconfitta di Adua (1896) e l’innesco di una disastrosa guerra mondiale (1940).

Se si guarda ai dati economici (**), in Etiopia l’Italia ha solo da perdere risorse che potrebbe investire in altri paesi, dove c’è una reale domanda per il made in Italy. Non fumose speranze verso un paese privo di ceto medio, con un’economia frammentata (anche politicamente), dai livelli preindustriali. Il mirabolante piano Mattei praticamente non esiste. E se esistesse non potrebbe cambiare di una virgola la deriva etiopica.

Probabilmente si tratta di pura nostalgia, per quanto nascosta, della grande politica estera fascista, che oggi come allora l’Italia non può permettersi. Non disgiunta da un propagandistico e ipocrita attivismo economico per “aiutare i migranti” in patria. Sì, svuotare il mare con il cucchiaino… Per poi lasciar affogare donne e bambini nel mare vero…

E qui veniamo al 25 Aprile e all’antifascismo.

Chiunque conosca la storia d’Italia, non può non sapere, che dopo un decennio di celebrazioni in sordina, o interne al partito comunista con partecipazione rapsodica dei socialisti, le grandi manifestazioni del 25 Aprile decollarono con lo spostamento a destra dell’Italia: sia nel quadro di approcci governativi con la destra missina, sia con la nascita dei governi di centrosinistra, invisi ai comunisti, perché riformisti e perciò di destra. Con il Sessantotto e gli Anni di Piombo il 25 Aprile divenne un’ occasione di scontro politico in chiave antifascista, che languì negli anni Ottanta, fino a trasformarsi in una specie di esame del sangue obbligatorio per i governi dopo l’ascesa politica di Berlusconi, Fini e Meloni.

Sorvolando su quel che pensi ognuno di noi in argomento (e chi scrive è antifascista, preoccupatissimo per la nostalgica e inquietante riscoperta del Corno d’Africa da parte di Fratelli d’Italia), ciò che vogliamo dire è che la celebrazione del 25 Aprile, invece di essere la festa di tutti – ovviamente neofascisti dichiarati esclusi – è sempre stata strumentalizzata, puntando su una metafisica astratta, né capita, né sentita dalla gente comune, ma politicamente in linea con idee e progetti della sinistra comunista, di sicuro non di sapore liberal-democratico. E si continua su questa linea, anche quest’anno.

Purtroppo, sul piano dei contenuti, e a prescindere dalla strumentalizzazione della sinistra, è verissimo che un personaggio politico come Giorgia Meloni trattiene con difficoltà le sue simpatie fasciste. Ovviamente non tesse pubblici elogi del duce (per ora). Ma ad esempio va in Etiopia con fare inquietante, va in India a vendere armi, tratta i migranti come tutti sappiamo, appoggia governi politici di estrema destra in Ungheria e Polonia. Inoltre, la si osservi bene: quando incontra leader democratici, come da ultimo quello spagnolo, non fa mai alcun riferimento ai valori della liberal-democrazia. Si dice pragmatica. Parliamo di una visione della politica che piace a coloro che hanno qualcosa da nascondere: dai cinesi ai cubani. E per fare un passo indietro, ai loro inizi governativi anche Mussolini e Hitler amavano definirsi pragmatici.

Qui, purtroppo, si apre un’altra questione: quella della gente comune, del ceto medio italiano, sempre più ampio, che ha sempre accettato l’ordine costituito: prima quello fascista, poi quello repubblicano. E che avrebbe accettato anche quello comunista.

Un ceto medio, privo di grazia civile e civica, sul quale la metafisica resistenziale, man mano che si è sviluppata, è stata subita come la dichiarazione annuale delle tasse, unitamente a quella “quasi” simpatia che si ha per i vinti: i neofascisti e gli stessi comunisti, usciti sconfitti dal battaglia politica nel 1948. E per fortuna…

Di conseguenza, l’Italia non si è mai veramente liberal-democratizzata. Però, ecco il punto, con la Meloni il vecchio fantasma si è materializzato, quantomeno in termini di svolta autoritaria, anche tra la gente: si provi a spendere in giro una parola difesa dei migranti o dell’idea europea. Si viene subito zittiti.

Gli italiani vogliono Giorgia Meloni al governo. E restano freddi dinanzi al 25 Aprile perché giudicano la ricorrenza una celebrazione della sinistra. Di parte. Ma non può neppure essere una celebrazione condivisa dall’ estrema destra, uscita sconfitta da due guerre, ardentemente cercate, quella mondiale e quella civile. E mai lo sarà. Almeno sinceramente.

C’era nel 1945 e negli anni seguenti una terza via per riunire vincitori e vinti? Evitando le strumentalizzazioni della sinistra e il vittimismo della destra? Queste sono domande storiche che lasciano il tempo che trovano. Soprattutto in un paese che è stato sempre diviso in fazioni e che è giunto tardissimo all’unificazione nazionale. In cui, come ben vide Guicciardini, il culto del “particulare” ha sempre spinto all’ accettazione di qualsiasi regime e governo, pur di continuare a fare i propri affari. Il Risorgimento fu una specie di miracolo, opera della fortuna e di pochi coraggiosi liberali.

L’indifferentismo italiano è il vero nemico. Impermeabile alle metafisiche della sinistra, ma che può favorire i segreti sogni di revanche di Giorgia Meloni.

Nonostante ciò prepariamoci a festeggiare il 25 aprile. Che resta, a prescindere dalle opposte strumentalizzazioni, la sacrosanta celebrazione della riacquistata libertà. Ci mancherebbe altro.

Però ben consapevoli (almeno chiunque sappia usare la propria testa) dei prolegomeni, per dirla con Kant, ad ogni futura metafisica sul 25 aprile. Ma anche di un fatto sgradevole: che per molti italiani, mentre ci si azzuffa, la ricorrenza continuerà a essere solo il “ponte” di aprile.

In attesa di quello del Primo Maggio…

Carlo Gambescia

(*) Bogdan Raditsa, Colloqui con Guglielmo Ferrero, a cura di Carlo Gambescia, Edizioni Il Foglio 2022, p. 71, . https://www.ibs.it/colloqui-con-guglielmo-ferrero-seguiti-libro-bogdan-raditsa-guglielmo-ferrero/e/9788876069215 .

(**) Qui: https://www.infomercatiesteri.it/section3_exp.php?id_paesi=11 . Tra l’altro la pagina, gestita dalla Farnesina, non è neppure aggiornata… Segno di grande interesse.