Günter Maschke (1943-2022), un ricordo

Probabilmente, il più vivo ricordo di Günter Maschke, scomparso lunedì scorso, 7 febbraio, risale a un Julien Freund, ben invecchiato, come ogni buon vino, di molti anni fa. Si legga come lo dipinge ne “L’avventura del politico” , anno di grazia 1991:

«Qualche anno fa, nel 1986, si celebrò a Speyer un convegno internazionale su Carl Schmitt. Anche in tale sede, la principale ossessione degli accademici presenti era di sapere se Carl Schmitt fosse stato un uomo di destra, di sinistra di centro. Cosa priva interesse. Ma all’improvviso si alzò un uomo che intervenne spontaneamente, parlando a braccio. Le sue parole mi colpirono e consolarono intellettualmente. Volli cenare con lui al ristorante Feuerbach. L’itinerario di quest’uomo, Günter Maschke, è appassionante. Maschke faceva parte del gruppo di studenti che tra il 1967 e il 1968 provocarono disordini a Berlino. Era compagno di Rudi Dutschke, Baader Meinhof e alcuni altri. Arrestato e liberato in due occasioni, si trasferì nella patria dei suoi sogni, Cuba. Però a Cuba venne arrestato e liberato grazie all’intervento di un ambasciatore straniero. In quel frangente conobbe l’opera di Carl Schmitt per diventarne specialista. “Mi resi perfettamente conto, mi disse, che al centro della nostra azione c’era un nemico, però non sapevamo quale, né del pari disponevamo del concetto di nemico. E quando lessi Schmitt tutto mi apparve chiaro». Da un’esperienza come quella di Maschke si esce trasformati e soprattutto capaci di dare il giusto peso alle parole” » (*).

Un uomo indocile e curioso, deluso dalla politica, un erudito poliglotta, approdato al realismo schmittiano. Attento, come prova il suo lavoro di cesello, agli aspetti concreti di un’opera, quella di Carl Schmitt, scorta come al di là della destra e della sinistra. Ma non in senso criptofascista, come tuttora la intendono, nel bene o nel male, alcuni superficiali interpreti italiani. Bensì come una leva – parlo dell’opera schmittiana – per studiare la politica, attraverso le regolarità del politico.

Cioè, puntando sull’ analisi di ciò che realmente permane, al di là della fin troppo facile retorica sui valori come sugli interessi. Lo studio, insomma, di quel che precede e va oltre la politica. E che perciò non si culla nell’ impotente estetica della nobilità della sconfitta, né accarezza inesistenti paradisi totalitari, come pure disdegna l’apparentemente innocuo traffico degli interessi spiccioli.

“Così è il politico”, ecco una sua ricorrente espressione. La sua non era rassegnazione, ma autodisciplina delle cose imposta dal realismo. Un approccio alla realtà come è, non come dovrebbe essere secondo questo o quel codice morale o religioso. La politica, come accettazione, ripeto, delle regolarità del politico. In primis, come abbiamo letto nel ritratto di Freund, quella amico-nemico.

Alla figura dello studioso schmittiano si affiancava il “personaggio” Maschke. Alto, indossava cappelli a falda larga, che lo rendevano ancora più imponente. All’apparenza burbero, ma con occhi vivacissimi di bambino, forse impenitente, dallo sguardo che talvolta, nei momenti di quiete, tra un affondo intellettuale e l’altro, si perdeva inseguendo chissà quali avventure e misteriose imprese da Puer Aeternus.

Implacabile però con gli opportunisti, ai quali da vero Maschkiavelli, che ne aveva viste tante, riservava battute sferzanti. Altro che Puer Aeternus…

Battute, spesso così sottili, da non essere colte dallo sfortunato interessato, che addirittura ne sorrideva. Ma non da alcuni presenti, i più avveduti, quasi complici, intellettualmente complici. Copione che Maschke poteva moralmente permettersi, perché, come sottolinea, sulla scia di Álvaro D’Ors, l’amico Jerónimo Molina, legatissimo a Maschke, egli “tiene auctoritas” (**).

Al professor Molina si deve un importante “Liber Amicorum ofrecido a Günter Maschke (***), che raccoglie tutti gli elementi necessari, critici, biografici, bibliografici per approfondirne la figura, al quale rinviamo i lettori.

Chi scrive, lo ha conosciuto di persona. Come dimenticare uno scoppiettante pranzo romano? Ma anche il suo fuoco di battute in altre occasioni, “recitate” in modo olimpico, imperturbabile? Non ritengo però giusto evocare chissà quale profonda amicizia, come capita a molti promotori di se stessi, capaci di approfittare di ogni circostanza. Diciamo che vi era stima reciproca.

A Maschke, che avevo conosciuto intorno alla metà degli anni Novanta, sottoposi in seguito, alcuni progetti editoriali, purtroppo non realizzati, non per colpa mia o sua.

Che riposi in pace, alla destra di Carl Schmitt.

Attenzione, destra non in senso ideologico, ma metapolitico. Che lo veda assiso, per usare un termine alto, a giudice politologico, al di sopra della miseria come della nobiltà delle vicende umane.

Senza vinti, senza vincitori. “Così è il politico”.

Carlo Gambescia

(*) Julien Freund, “L’avventura del politico. Conversazioni con Charles Blanchet”, edizione italiana a cura di Carlo Gambescia e Jerónimo Moli¬na, Edizioni Il Foglio 2021, p. 49 (https://www.ibs.it/avventura-del-politico-conversazioni-con-libro-julien-freund/e/9788876068928 )

(**)Jerónimo Molina, “Gaston Bouthoul, inventor de la polemología”, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales 2019, p. 23.

(***) Numero speciale a cura di Jerónimo Molina della rivista “Empresas Políticas”, VII, nn. 10-11, 1° e 2° semestre 2008.