Morte di un ambasciatore…

La voce Wiki parla di morte del nostro ambasciatore “nell’adempimento delle sue funzioni” (*).   Quel che però  non si capisce, dato che Luca  Attanasio era persona molto impegnata nel sociale,  se l’  “adempimento delle sue funzioni”  imponesse la presenza del nostro diplomatico e con lui della guardia del corpo,  il carabiniere rimasto ucciso, Vittorio Iacovacci,  all’interno del convoglio  del Programma alimentare dell’Onu. Una colonna umanitaria  diretta a Rutshuro,  assalita da una banda armata in una zona del Congo , come si legge, fuori controllo.

Purtroppo, e dispiace dirlo,  nell’Italia di oggi,  paese di cialtroni, si piange la scomparsa di un diplomatico umanitario   ucciso con la sua body guard, magari gridando al complotto e al tradimento, però non ci si interroga su un fatto importantissimo.  Quale?

Un diplomatico non  rappresenta  solo se stesso e la sua ideologia personale, umanitaria o meno,   ma  il suo  paese, di cui è un funzionario.  Di conseguenza, come si diceva un tempo, la morte di un diplomatico è “questione di stato”. Perché può scatenare  una serie di eventi che vanno dalla rottura delle relazioni diplomatiche  alle ritorsioni economiche, politiche e addirittura militari.

Pertanto un ambasciatore, soprattutto nella sulfurea Repubblica democratica del Congo, deve sempre misurare i suoi passi, dal momento che, per status, ogni sua decisione chiama in causa il suo paese.

Ora, quel che vorremmo capire, visto che la sua morte, tra l’altro ha coinvolto un’altra persona,  se l’ambasciatore  era  effettivamente in viaggio verso Rutshuro come scrive Wiki  “nell’adempimento delle sue funzioni”.  Anche perché i mass media sembrano dare per scontata questa nuova  teoria della “diplomazia francescana”. Insomma vorremo saperne di più.

In questi giorni si è subito fatto un raffronto con i “Martiri di Kindu,  i tredici aviatori militari  italiani, “facenti parte, come scrive Wiki,  del contingente dell’Operazione delle Nazioni Unite in Congo inviato a ristabilire l’ordine nello Stato africano durante la crisi del Congo” (**).

Trucidati anch’essi da una banda armata, ma, in quel  caso – verità inoppugnabile –  nell’adempimento delle loro  funzioni. Su Attanasio, invece, ripetiamo, vorremo sapere di più.  Aspettiamo perciò conferma o meno  della  scelta  italiana, per così dire,   di una  “diplomazia francescana”.  Scelta, per carità nobilissima,  che però,  se autentica, imporrebbe inevitabilmente la logica impolitica  del Sermone della Montagna: quella di porgere l’altra guancia. Sempre. Oppure no?     

Infine,  a proposito dei “Martiri di Kindu”,  la stele che li ricorda, un tempo eretta all’ingresso dell’Aeroporto di Fiumicino, in seguito venne spostata, a causa delle ristrutturazioni per i mondiali di calcio 1990.  La stele  venne  così  trasferita in un’area più defilata di scarso transito.  Oggi chi ogni tanto, per caso,  vi passi davanti, neppure la vede. Ecco quel che resta della memoria  dei  tredici italiani fatti a pezzi.

Come di diceva, un paese di cialtroni.

Carlo Gambescia                

(*) Qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Luca_Attanasio_(diplomatico)

(**)  Qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Eccidio_di_Kindu