Guerre reali e guerre immaginarie

Missili sulla Polonia. La Nato, gli Stati Uniti e l’Unione Europea non hanno nessuna intenzione di andare fino in fondo e di passare dalle parole ai fatti, sebbene si sia verificato, come prevede il Patto atlantico, l’ attacco a un paese membro dell’alleanza.

Tutti, russi compresi (che però come vedremo hanno ogni interesse, per ora, a negare, per verificare il tasso di reattività Nato), si sono precipitati a parlare, di errore, di rottami, causati da un abbattimento ucraino, eccetera, eccetera. Buona la prima insomma.

Ciò significa che i russi continueranno a mantenere l’iniziativa della guerra reale, dettando dinamica e tempi dell’aggressione all’Ucraina. Fatto facilitato in prospettiva dalla prossima campagna per le presidenziali americane (l’argomento guerra è un pessimo argomento elettorale) e dall’ immaginaria guerra italiana, e tra europei, ai migranti.

Il nostro governo di estrema destra, che per bocca della Meloni (servirebbe qui un’analisi lessicografica), non cita mai la Russia unitamente al termine aggressore, vuole invece inviare addirittura soldati come poliziotti sulla sponda libica, per fare la guerra immaginaria ai migranti. Per un verso, gli anormali, i gangster di Mosca sono lasciati in pace, per l’altro ci si accanisce su chi invece cerca solo speranza, lavoro e normalità.

Nei tremebondi ambienti Nato ed europei circolano addirittura voci, che se dovesse cadere Putin, il suo posto sarebbe preso, da un esponente dell’ala dura. E a quel punto – “oddio, come faremo…” – diverrebbe sempre più difficile evitare la guerra con la Russia. Perciò, coltiviamoci Putin…

Il problema di fondo, non è geopolitico, neppure economico o militare, è psicologico-culturale: i russi fanno la guerra all’Ucraina, pensando la guerra, cioè conducono la guerra come una guerra. L’Occidente invece, non pensa la guerra, ossia, conduce, per ora indirettamente, una guerra combattuta dagli ucraini, pensando la pace.

Detto in altri termini, i continui richiami alla catastrofe nucleare, servono da paravento, soprattutto alla Nato, per non entrare in una guerra convenzionale. Per dirla altrimenti: siamo davanti una specie di sceneggiata pacifista.

Per capirsi: l’Occidente euro-americano vuole evitare una guerra convenzionale, che sarebbe moralmente, militarmente e geopoliticamente sacrosanta, agitando il fantasma della guerra atomica, ossia della guerra non convenzionale. Una paura che i russi hanno intercettato e sulla quale giocano, riuscendo a mantenere l’iniziativa, proprio perché pensano la guerra come la guerra e non come una pace da conservare a ogni costo, anche cedendo al nemico.

Insomma i russi non hanno paura, noi sì.

E qui torniamo alla positura psico-culturale dell’Occidente. Disposto a mandare giù di tutto.

Sicché i missili sulla Polonia di ieri, o comunque fin troppo vicini al confine, lanciati da russi, non sono altro che una esercitazione teorica di stato maggiore per comprovare, ancora una volta, l’incapacità della Nato di pensare la guerra. Incapacità, come visto, dettata dalla paura. Un tempo si parlava di vigliaccheria.

Il ragionamento russo è stato questo: se colpiamo il suolo polacco, diciamo che non siamo stati noi, così saggiamo anche le reazioni Nato. Scopriamo fino a che punto Stati Uniti ed Europa hanno paura della guerra. Quanto sono vigliacchi insomma. Tra l’altro i russi sanno che gli americani stanno facendo pressione sugli ucraini per spingerli a sedersi al tavolo delle trattative. Quindi i russi sono sadici e spudorati. Mentre noi giochiamo a fare le mammolette…

E infatti, ad accreditare, per ora informalmente, la versione dei missili per caso, offrendo una sponda politica a quello che dovrebbe essere il nemico, sono stati per primi proprio gli ambienti semiufficiali Nato: un’alleanza militare, politicamente guidata da pacifisti, perciò, volente o nolente incapace mentalmente di pensare la guerra. Sicché, almeno per ora, non accadrà nulla. I lettori cancellino i titoli ansiogeni dei giornali di oggi.

Un’ ultima cosa, non ci si aspetti da Willy Wonka-Giorgia Meloni, che continua indefessamente a parlare non di aggressione russa ma di “guerra in Ucraina”, come una specie di fabbrica del cioccolato, impersonale, avviatasi da sola, che prenda una qualche iniziativa.

La Meloni, che rifugge dalle guerre reali, perché forte con i deboli e debole con i forti, i soldati vuole invece inviarli in Libia a fare la guerra immaginaria ai migranti.

Che coraggio…

Carlo Gambescia