Erdoğan, Islam,Occidente  e dintorni
Un liberalismo per il XXI secolo

I nostri  mass media  hanno scoperto che  Erdoğan è  un  cattivo soggetto. Odia le minigonne e mette in carcere un tanto a migliaio. Adesso  lo chiamano il Sultano.  Dopo non aver capito nulla delle “primavere arabe” ( il voto democratico  fa vincere gli estremisti, per quanto anche da noi…),  media e politici  continuano  a proiettare i nostri valori (fra l’ altro travisandoli, come vedremo) su realtà che dell’Occidente non vogliono sentire neppure l’odore. Ci odiano, punto e basta
In realtà, Europa e Stati Uniti avrebbero dovuto da un pezzo limitarsi alla cura degli interessi, nel senso di promuovere, a prescindere dal regime politico (quindi anche una dittatura),  chi geopoliticamente  può tornare utile  a  contenere e sconfiggere  il nemico jihadista.  Quindi, forse per ora,  sarebbe  politicamente  opportuno – la Turchia è  membro militarmente influente della Nato – sospendere il giudizio su Erdoğan.     
Negli anni della Guerra fredda, in un mondo diviso in blocchi, le cose  funzionarono, e benino, così. Oggi, venuto meno il socialismo reale, si procede in ordine sparso, riparandosi dietro il virtuismo mediatico,  distinto dallo  stupidario  socialdemocratico,  saccheggiato da politici a corto di idee.  E i risultati si vedono. Probabilmente, prima o poi (come avvenne con Hitler) di necessità si dovrà fare virtù. E, naturalmente i costi imposti da ritardi, dubbi ripensamenti, secondo il moscio rituale social-pacifista,  rischiano di essere salati.  Purtroppo,  come si dice,  la storia maestra di vita eccetera, eccetera.
Perché si procede in ordine sparso?  Innanzitutto per una debolezza culturale, frutto di un atto di presunzione: quel ritenere che libertà, scienza e tecnologia, non possono non essere apprezzate da tutti i popoli,  e che comunque, ci faranno sempre vincere su tutto e tutti,  o con le buone  o con le cattive.  Si tratta della logica  “fine della storia”,  reinventata da Fukuyama: un Croce redivivo lo farebbe filosoficamente a fettine. Una logica hollywoodiana, da effetti speciali,  che pone al suo vertice l’ Occidente stellare, ipertecnologico.   Tanto per capirsi:  questa mattina leggevo di un algoritmo che una volta  introdotto nel Web  dovrebbe permettere di individuare i terroristi dell’ultimo minuto, quelli che si radicalizzano pochi giorni  prima  di agire.  E come?  In base ai siti visitati…  Insomma droni, intelligence e concessioni agli nemici dei nemici. Dal  cilindro viene fuori il coniglio (di nome e di fatto…) Obama.  E  l’Unione Europea, come le salmerie di un tempo, è ben felice di accodarsi. 
Questo atteggiamento, tecno-scientista, che confida solo nella bontà dell’ algoritmo ( e  non ne facciamo una questione di diritti di libertà, anche se…),  rischia di non portare lontano, perché, da che mondo è mondo,  le guerre si vincono sul campo, grazie allo spirito di sacrificio  racchiuso nell’orgoglio dei propri valori.  Si pensi solo a ciò che  sopportarono i britannici sotto le bombe di Hitler. E alle famiglie fiere,  come si diceva  un tempo, dei figli caduti in  guerra contro il nazifascismo. Fino a qualche anno, si incontravano ottuagenari che, con  orgoglio, ricordavano nonni, padri, fratelli caduti in guerra. 
Allora però, le nostre guide politiche si chiamavano Winston Churchill e Charles de  Gaulle,  Oggi contro il nazi-islamismo, per fare solo un esempio, Valls pensa a come  indennizzare le famiglie dei turisti morti a Nizza, perché non sufficientemente  protetti…  Infatti,  si parla di un action class dei congiunti delle vittime  nei riguardi dello stato francese e del comune di Nizza.  Altro che logica “lacrime e sangue”… Frutto di quell’orgoglio patrio eccetera, come dicevamo.  Qui, invece,  si affaccia, e pesantemente, la logica del welfare che ha trasformato in cittadini in molluschi difesi dall’associazione consumatori.  Probabilmente,  gli indennizzi  ai parenti  delle vittime di Nizza,  per non far torto a nessuno, saranno  erogati in base al reddito dei richiedenti. Se si fosse in Italia,  al modello ISEE  rielaborato dal CAF,   per dirla in burocratese.   Insomma, dal welfare al warfare la distanza è brevissima.     
Purtroppo, oltre allo scientismo tecnocratico (come panacea), all’inadeguatezza della classe politica (incapace di motivare e individuare gli obiettivi militari), alla mollezza dei costumi causata dal materialismo protettivo del welfare state,  resta una questione di fondo:  il rifiuto della nostra tradizione liberale.  Relativismo e  presunto abbandono delle tradizioni cristiane, sbandierati dai nemici dell modernità (quantomeno politica),   non hanno nulla a che fare con i nostri problemi.  Anzi,  il relativismo – senza esagerare, ovviamente, come in ogni campo –  risulta essere  un buon antidoto, innanzitutto cognitivo, agli eccessi dogmatici del  cristianesimo (come di altri religioni: che poi il cristianesimo sia diventato più liberale, anzi liberal-socialista, che è altra cosa,  dei liberali,  è un suo problema non del liberalismo).  Il vero  nemico del liberalismo  resta  quel socialismo, presunto democratico,  ottuso, tecnocratico,  pervasivo, che, come hanno provato fior di pensatori, è alle radici di un deteriore  individualismo protetto dallo stato. Anche con la tecnologia.  E qui si pensi agli indennizzi parentali e al culto orgiastico dell’algoritmo…       
Attenzione, non parliamo del liberalismo, contraddittorio e parolaio dei banchieri, magari, e neppure dietro le quinte,  assistiti da compiacenti poteri pubblici. Certo, la libertà economica –  quella vera –   è importante, ma non è tutto. Pensiamo a un liberalismo armato, forte e realista e perciò  consapevole della propria missione storica, come nell’Ottocento,  durante le rivoluzioni per l’indipendenza  nazionale,  o  come nel Novecento,  davanti  all’offensiva nazi-fascista.  Insomma,  qui occorre una grande vittoria. Militare. Altro che  le   nuove  “battaglie” sulle pensioni sociali e gli esodati… Insomma,   dipende da noi capire  come arrivare alla “resa dei conti” militare.  Se presi per la gola, come sta accadendo,  o studiando ogni mossa, come sarebbe invece auspicabile.
Oggi – altro che referendum con Annibale alle porte… –  il  posto delle nazioni  dovrebbe essere occupato dall’ Europa, come mito fondante di un liberalismo del XXI secolo. Un’aquila liberale capace di  volare  altissima nei cieli. Ecco perché riteniamo  inadeguati come guide politiche, anche se a parole liberali, banchieri ed economisti: volano rasoterra. Cavour, grandissimo statista liberale,  fece debiti ingentissimi  per unire l’Italia, i tagli di bilancio vennero dopo,  non prima. Certo, furono altri a praticarli. Ma il principio rimane.  E  ogni vero liberale non deve mai dimenticarlo.   
Carlo Gambescia                      

5 Risposte a “”

  1. Buongiorno Carlo, "le guerre si vincono sul campo, grazie allo spirito di sacrificio racchiuso nell’ orgoglio dei propri valori." Questa frase racchiude un concetto importante, eppure chiunque di noi al solo pensiero di morire in guerra verrebbe preso da un brivido. Spesso mi stupisco a quello che succede quando muore un militare italiano, addirittura arrivando all'assurdo che si fanno inchieste, si lanciano accuse ai comandi ecc. ecc. Capisco tutto, ma un militare, un soldato, lo mette in conto quando fa questa scelta, oppure è lì solo per la comodità di uno stipendio sicuro? Mistero. A questo punto bisognerebbe andare fino in fondo e abolire gli eserciti, se si segue la logica. Eppure il sacrificio è sempre stato un momento fondativo e di ispirazione, un segno tangibile dell'uomo che va oltre la sua vita terrena per aprirsi a valori più alti del contingente. Sembra che tutti i giornalisti se ne siano dimenticati, immersi in una implacabile rete concettuale di pensieri pacifisti e giusnaturalisti (non so se è preciso indicare così la vulgata dei "diritti umani" inculcata fin dalle scuole inferiori). E' come se non si riuscisse più a dire che la guerra, anche se respinta, è un archetipo sempre presente nell'uomo, anzi, direi, un destino che ritorna perchè legato a una qualche giustizia (o provvidenza).In ultima vorrei aggiungere all'attenzione di Carlo l'intervista di Soros presente oggi sul Corriere della Sera (20/07/2016). Il miliardario parlava della necessità di accoglienza degli immigrati, aveva paura che l'attentato a Nizza rendesse i musulmani di Francia cittadini di serie B e avanti con questi discorsi, voleva che l'Europa stampasse bond, che l'Ucraina venisse protetta dall'Europa ecc. Ma cosa vuole Soros? Ma di cosa si impiccia con i suoi immensi speculati quattrini? Scusa lo sfogo, mi chiedevo se si era imbattuto nell'articolo e cosa ne pensava.Un saluto e sempre grazie per gli articoli stimolantiSamuele

  2. Grazie a te per la bella e intelligente testimonianza. Vado a leggermi l'intervista a Soros. Diciamo, da quel che ne riporti, che il rischio c'è, ma in questo momento le priorità sono altre. Soros, per metterla sul colto (e per evitare svianti ipotesi complottiste) crede nel dolce commercio e nella natura pacificatrice del libero scambio. Ripete la lezione di Montesquieu. Il che è vero, fino a quando però non è il nemico a indicarti come tale, a prescindere. E lì ci si deve battere. Per sopravvivere, e poi tornare a commerciare. E sul punto Montesquieu sarebbe d'accordo con me (noi) e non con Soros. Ricambio il saluto!

  3. Sono d'accordo, è facile spingere sul liberalismo, quando non ci si sente toccati da alcuna minaccia e anzi l'approccio liberoscambista non ti ha portato che benefici economici, ma, purtroppo per Soros, le comunità nazionali hanno anche la priorità di difendersi. Non vorrei tendere al complottismo, ma certe personalità hanno un ostinata volontà di influenzare, probabilmente condivisa con i loro pari, che ha poco del liberale. In qualche modo lavorano a un disegno, anche se non ne sono i principali artefici, o ne sono ingenui interpreti, e lo fanno spesso con sorprendente volontà e mezzi. Per me il principio liberale vale soprattutto nella cultura e ogni tentativo di seduzione culturale mediante campagne, slogan, pressing mediatici ecc. mi pare indebolisca la coscienza libera del singolo e non vada in direzione di un suo rispetto, perciò mi monta una ribellione e la volontà di legare a queste figure dei simbolismi, forse troppo accentuati. E alla fine, se la minaccia dell'islam radicale è il nemico contro cui combattere, preferisco farlo con a fianco Putin, che almeno non nasconde troppo le sue carte e il suo metodo politico, piuttosto che con queste ambigue personalità "liberali"…forse è un ragionare un po' di pancia.Grazie ancora per la puntuale rispostaSamuele

  4. Concordo. Non so lei, Samuele, che tipo formazione abbia, filosofica, storica: sicuramente molto valida da come scrive e argomenta. Ora, a differenza delle altre discipline, la sociologia – e parlo dello specifico sociologico – insegna che le istituzioni sociali ( un insieme statico-dinamico di rappresentazioni mentali, comportamenti, atteggiamenti, interessi) assumono forza propria – ecco lo specifico sociologico – e trasformano, volenti o nolenti, gli uomini in ventriloqui di qualcosa (sto semplificando): ora Soros, parla in nome di un certa visione del mondo, e gli viene naturale: l'uomo è il messaggio, e il messaggio la cosa: e la cosa, come dice lei, giustamente, si chiama "approccio liberoscambista": che non è l'idea racchiusa nei libri, ma un corposo universo composto appunto di istituzioni, rappresentazioni comportamenti, interessi eccetera. Tutto qui. Perciò non è necessario ricorrere a ipotesi complottiste 🙂 Come dire? E' la sociologia (delle istituzioni) bellezza. Sono i determinismi sociali, purtroppo. Sui quali poi si innesca la questione importantissima della libertà umana. Ma questa, almeno per oggi, è un'altra storia. Grazie a lei!

  5. E' vero, non occorre ricorrere al complottismo, ma credo che chi vi si appella lo faccia con una sorta di ignoranza per le discipline specialistiche ma presentendo il messaggio che rende gli uomini dei "ventriloqui" come una sorta di messaggio contro l'uomo, che si impossessa di lui al fine di realizzarsi secondo un disegno inumano, se si può dire. I determinismi sociali hanno spesso zelanti esecutori, alcuni incoscienti, altri, forse, coscienti (magari in parte), e questi sono i più inquietanti, soprattutto quando le scelte operate ricadono a cascata su popoli, masse, persone. L'uomo che funge da "interprete" dovrebbe chiedersi o sentire per chi agisce, ma forse svelato il determinismo che lo muove cadrebbe anche il potere che padroneggia per conferimento..forse sto perdendo il filo. In ogni caso non bisogna aver paura di considerare i retroscena degli eventi per quello che sono, spesso l'accordo tacito di gruppi di pochi potenti che ricadono a cascata sugli altri, anche se con l'ipocrisia democratica di considerarli scelte sottoposte alla decisione del mercato o dei popoli ecc. a mio avviso non si possono mai escludere le ipotesi "complottiste" per leggere la contemporaneità, ci vorrebbe però un termine diverso per chiamarle, meno compromesso, perché penso che io e lei ci troveremmo d'accordo: respingiamo i complottismi che dividono il mondo in maniera manichea e assoggettano la lettura politica a una monotona ricerca delle caratteristiche di un piano segreto che si realizza, ma allo stesso tempo non neghiamo che esistano determinismi decisi e realizzati, spesso da piccole elite, con la collaborazione di forze culturali e mediatiche; insomma le strutture sociali, le istituzioni sociali non sono strutture impersonali, al pari delle forze fisiche, e io ritengo che a guidarle ci siano sempre delle intelligenze, umane e non, che non sempre si pronunciano come tali e che in questo tempo, più di altri, rimangono ben celate nei loro veri intenti.Scusami la lunghezza di risposta e il suo ritardo. Comunque la mia formazione è filosofica, sono laureato in tale disciplina a Padova, con tesi sulla coscienza in Plotino, ho letture variegate alle spalle, anche se sono fondamentalmente un dilettante pieno di curiosità, ma con poco metodo. Sono però un estimatore di quella figura geniale e ispirata che a mio avviso fu Rudolf Steiner, molte sue interpretazioni storiche e dei retroscena degli eventi influenzano il mio giudizio, mi impressionano sempre le sue letture in merito ai progetti che animano l’agire anglo-americano, teso verso una sorta di tecnocrazia e un organizzazione umana priva di spirito ecc. Mi approvvigiono anche a suggestioni letterarie distopiche, su tutte ‘Il Mondo Nuovo’ di Huxley o ‘I tre racconti e il racconto dell’anticristo’ di Solovi’ev che mi aprono suggestioni sulla modernità e sulla domanda “dove stiamo andando?”. Andrei avanti a chiederle molte cose, ma torno al lavoro…Un saluto e sempre grazie per l’attenzioneSamuele Anese

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