Biden, Putin e l’ incontrollabilità non calcolata

Dal punto di vista della divisione concettuale dei leader in agitatori e amministratori proposta da Lasswell e Kaplan, Putin è un amministratore. Ossia si rivolge a fini più immediati e più concreti. A differenza dell’agitatore che guarda a fini più lontani e astratti (*).

Hitler era un agitatore, Churchill un amministratore, Trotsky un agitatore, Stalin un amministratore. Per venire all’Italia, Cavour un amministratore, Mazzini un agitatore.

Pertanto, paragonare Putin a Hitler è una stupidaggine. Se proprio si vuole un precedente, anche russo, lo si potrebbe trovare in Stalin. E, se proprio si desidera fare un riferimento al nazionalsocialismo, Putin rinvia a una figura “minore”, ma non meno rappresentativa, come Heydrich. E qui va sottolineato che per contro, il presidente ucraino, Zelinsky, forse suo malgrado, rimanda alla categoria dell’agitatore, circondato da alleati o presunti tali, figure di amministratori, come Biden, Macron e la stragrande maggioranza dei leader europei.

Sotto questo aspetto, il confronto politico rinvia a un parterre, per così dire, di amministratori: di attori politici abituati a calcolare, valutare agire con freddezza, guardando ai risultati concreti.

Pertanto, sussistono possibilità che si trovi un accordo tra le varie parti in causa, ovviamente a sfavore dell’Ucraina, che non può vincere senza l’aiuto militare diretto dell’Occidente. E che quindi, se accordo sarà, dovrà accontentarsi di continuare a esistere sulla carta geografica, seppure neutralizzata e mutilata in alcuni suoi territori, secondo la volontà di Putin.

Che vi sia una prevalenza di amministratori, non significa però che il percorso di risoluzione della guerra sia in discesa. Perché, i calcoli talvolta possono rivelarsi sbagliati, soprattutto quando il gioco delle circostanze imprime improvvise accelerazioni sul campo militare, magari legate a un singolo evento.

Va infatti tenuto ben presente che è in corso una guerra che, come ogni processo sociale, ha dinamiche proprie, non sempre prevedibili. Ciò, significa che tra l’allungamento dei tempi del conflitto e la progressione del rischio di allargamento del conflitto militare c’è un rapporto diretto. Detto altrimenti: ogni giorno in più dello stato guerra è un giorno in meno verso il ritorno allo stato di pace.

L’osservazione può sembrare banale, ma serve a illuminare un fatto: che i calcoli dei politici amministratori possono non sempre bastare, soprattutto quando le vicende non sono più perfettamente controllabili. Ciò significa che anche la guerra in corso in Ucraina rischia di entrare nella fase per così dire dell’incontrollabilità non calcolata.

Si pensi all’estensione dei bombardamenti russi nell’Ovest dell’Ucraina, ai confini polacchi, da quali filtrano le armi, e alla decisione di Biden di aumentare gli aiuti finanziari a scopo bellico, condivisa anche dai principali leader europei.

I bombardamenti russi possono colpire truppe Nato, per quanto in operazioni mascherate. I finanziamenti euro-americani possono invece spingere Putin – nel tentativo di vincere nel più breve tempo possibile per evitare la stasi militare – a compiere qualche passo falso dal punto di vista umanitario, ad esempio un massacro di civili. Insomma, nell’uno e nell’altro caso, gravità e risonanza di un’ azione militare potrebbero tradursi nel cosiddetto casus belli.

Cosa vogliamo dire? Che i calcoli non escludono il rischio della guerra. E che persino i politici amministratori possono provocare una guerra, proprio come i politici agitatori.

Il punto è che Putin, per ragioni storiche, culturali e di formazione politica e professionale (ex agente del KGB**), a differenza dei leader occidentali, alti burocrati, avvocati, professori e uomini d’affari, ha meno riserve mentali verso la guerra, mentre l’Occidente è inquinato dal pacifismo. Pertanto al verificarsi del casus belli, la reazione della Russia, potrebbe essere più tempestiva ed efficace di quella dell’Occidente.

Si parla di guerra convenzionale o non convenzionale?

Probabilmente, all’inizio convenzionale. Tuttavia, come abbiamo scritto più volte (***), la Nato, che non sembra adeguatamente preparata sul piano militare a una guerra convenzionale a Est, potrebbe essere tentata di ricorrere alla guerra non convenzionale, trattandosi del suolo europeo e non americano

Ma come – qualcuno penserà – se il primo a minacciare l’uso di armi non convenzionali è stato Putin?

Verissimo. Una precisazione: non stiamo assolutamente assolvendo Putin. La sua è stata un’aggressione militare all’Ucraina in piena regola. Però – ecco la controindicazione sgradita all’Occidente – grazie alla presenza di ingenti forze sul campo, può permettersi di alternare minacce militari a promesse di pace se soddisfatte le sue condizioni, al momento però irricevibili per l’agitatore Zelinsky. Che, per inciso, appare sempre più solo.

Per contro, l’Occidente, che osserva da fuori, ancora incerto su cosa fare, si limita a condanne morali e aiuti indiretti.

Il vero discrimine tra Europa, Stati Uniti da una parte e Russia dall’altra, è rappresentato, come più volte sottolineato, da una sproporzione di forze convenzionali schierate sul campo, al momento in netto favore della Russia. Perciò in caso di una improvvisa accelerazione del conflitto la Nato potrebbe avere la peggio. Di qui il possibile ricorso a mezzi non convenzionali.

Ma come, si dirà, Biden non è un amministratore come Putin?

Diciamo che Putin sta giocando le sue carte meglio di Biden e alleati. Commette meno errori di calcolo. Per ora.

Carlo Gambescia

(*) Harold D. Lasswell e Abraham Kaplan, “Potere e società uno schema concettuale per la ricerca politica”, Etas Libri 1979, p. 170.

(**) Qui un interessante articolo sull’entourage di Putin e di riflesso sulla sua formazione: https://www.rtve.es/noticias/20220312/seis-hombres-putin-propaganda-invasion-ucrania/2307562.shtml

(***) Ad esempio qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/la-lezione-di-clausewitz/